lunedì 24 aprile 2017

Pilatus Turbo Porter PC6 Class Rating

La mia avventura con il Pilatus Porter mi ha portato in Francia, presso la scuola di volo EPAG NG all'aeroporto di Merville. Il giorno di Pasqua parto dalla Sicilia per Parigi, veloce scalo a Monaco dove respiro un pò l'attesa per questa avventura bevendo una birra in aeroporto e poi via a Parigi, dove una volta atterrato mi aspetta l'auto noleggiata per un altro lungo viaggio.
 

Altre due ore di auto prima di arrivare all'aeroporto di Merville/Calonne, verso il confine Nord con il Belgio, qui metto piede al Merville Airport Hotel. Non è un grand hotel, non so nemmeno se abbia una stella, ma in fondo fa parte delle regole del gioco e non è certo la prima volta che mi adeguo a questi standard. Il mio francese non è certamente di alto livello e nel luogo davvero non parlano un gran che di inglese, cosa che mi preoccupa un pò. La halle dell'albergo mi ricorda un pò le ambientazioni del mio libro di francese delle scuole medie agli inizi degli anni 90, quei campi estivi fatti di ragazzi in giro per ostelli a fare scambi culturali per l'Europa.


La sera stessa comincio a studiare dei generici appunti sul Pilatus, cerco di arrivare più pronto possibile per la fase teorica, ho pochissimi giorni prima di iniziare a volare e non ho molta esperienza sui bicicli.
 
 

Il giorno dopo, giorno di Pasquetta, mi presento come stabilito se non in anticipo, ho voglia di cominciare subito. Incontro la segretaria e poi Sebastian, il direttore della scuola, che mi briefinga sulla scuola stessa, sulle aule, sulle procedure, ecc. Mi racconta anche un pò la storia dell'ecole de pilotage e dei suoi legami storici con l' Air France, compagnia per la quale cura l' addestramento dei cadetti. Dopo un'ora atterra il mio istruttore, Christophe, con un piccolo biciclo personale.


Per sfortuna sua alloggerà nella mia stessa "accomodation". Stringeremo un rapporto stretto e spenderemo praticamente 24 ore su 24 insieme. La fase teorica inizia subito a pieno ritmo, cerco di incamerare più nozioni possibile ed entrare in confidenza con qualche parola di francese.

Argomenti principali trattati:
- Powerplant: turboprop
- Yaw Trim characteristic:
- Crosswind characteristic
- Weight & Balance: effects in performance
- Avionics: Garmin G950 operation.
- Taxi: airplane inertia.

Più nello specifico viene seguito il seguente programma:

Il giorno dopo arriva il momento di vedere il velivolo da vicino e mettere in pratica ciò che è stato spiegato. Si tratta di un PC6 B2H2, appena restaurato da zero dalla Icarius, il mitico F-GOME. Io sono il secondo pilota a fare il corso dopo la sua nuova vita, è ancora fresco di vernice e di bulloni nuovi, il vano motore ancora estremamente pulito, le linee di fede appena segnate ed il pavimento della cabina ancora che fa odore di gomma nuova. Il velivolo viene portato in volo da un aeroporto vicino dove svolge il suo normale lavoro aereo. Atterra sotto una leggera pioggia, ma non sembra dargli problemi, anche se già capisco che avrò davvero tanto da imparare.


L'F-GOME appena atterrato per l' inizio del mio corso


Hangariamo subito il velivolo nell'hangar dei paracadutisti 

Dall'aspetto esterno si capisce subito quanto sia "tosto" il Pilatus, un cavallo da lavoro aereo che richiede delle "expertise" peculiari. Una delle prime cose che mi dice l' istruttore è: "ricordati che ogni Pilatus è diverso dall'altro", sia in termini di checklist, che di strumentazione, che di handling, ecc.



La vernice nera è lucida e nuova, sintomo delle poche ore di volo dopo la "heavy maintenance" 

Subito ci cimentiamo con il motore, Christophe mi spiega che il velivolo era nato con il motore a pistoni, motivo per cui, una volta con l'installazione del motore a turbina (più leggero a parità di potenza) si è reso necessario allungare il muso. Ciò ha fatto sì che lo stesso diventasse anche un punto vulnerabile per il momento creato ad alte coppie. La scuola ha un bellissimo spaccato del PT6, una delle turbine più diffuse al mondo, funzionante e rotante, completo di tutti gli ingranaggi. una lezione veramente utile è stata quella di imparare il gruppo manette del PC6 direttamente sul velivolo con il vano motore aperto. Sul PT6 ci sono tre comandi, la manetta che agisce direttamente sull'FCU (Fuel Control Unit) e con il quale il pilota regola la coppia, il passo dell'elica (che agisce sul regolatore giri che si trova nella parte frontale del motore) e la leva di comando del carburante (condition lever) che ha tre posizioni, fuel Shut-off, Low Idle e High Idle.
Dettaglio del gruppo manette dove viene speso molto tempo nella parte teorica in hangar


Al momento dello start si posizioni la leva da fuel shut off a low idle sbloccando la leva lateralmente e spingendola in avanti. Durante il training in Francia abbiamo volato sempre su Low Idle, ma High Idle e Low Idle non modificano in realtà l'output di potenza, ma solo il funzionamento del motore al minimo e nelle transizioni di potenza. Per fare un esempio, il Low Idle è ottimale per rullaggio e crociera a bassi consumi, mentre l' High Idle mantiene il motore più alto e permette passaggi di potenza più rapidi con ITT (InterTurbine Temperature) inferiori rendendolo ottimale per eventuali riattaccate (cosa non facile con il PC6 B2H2). Nella mia poca esperienza ho visto volare il volare il Pilatus sempre su Low Idle ma facendo molta attenzione all'ITT. In pratica è come tenere il minimo della macchina alto, in High Idle, quando si chiude la manetta, la manetta non va in beta. Per i piloti tradizionali (quale io mi consideravo) i primi voli con il Pilatus sono una continua scoperta, soprattutto per il discorso del Beta, non tanto per il beta stesso in quanto ho molta esperienza sui turboelica, ma per il fatto che ci va "in volo" in beta. Nelle prime discese si diminuisce la manetta lentamente togliendo progressivamente coppia, quando la turbina prende i giri senti in maniera tangibile l'inerzia di questo motore ed a volte si tende a togliere manetta con più decisione, portando ad entrate in beta accidentali. Qui arriva il bello dei PC6, ci sono alcuni velivoli che entrano facilmente in beta, altri che entrano sotto i 10 psi di torque ed altri che ci entrano poco facilmente (in Sardegna scendevo a 70 kts per aiutare il beta e poi toglievo manetta sperando che entrasse subito in beta; quel B2H4 era fatto così...). Cosa succede quando l' F-GOME entrava in beta? praticamente era come schiacciare il pedale del freno in volo, ma quello era solo l' effetto secondario, in quanto quello primario è la repentina perdita di trazione sentendosi come in un ascensore che scende all'improvviso. Fin qui la cosa può essere anche simpatica, ma se sei a 200 ft in finale nei tuoi primi atterraggi non è per niente simpatico, soprattutto quando non puoi canalizzare l' attenzione sul torquemeter ma sul muso per tenerlo dritto.

Questa credo che sia una delle sfide da affrontare dai neopiloti del "cavallo pazzo".


Cercherò di spendere non troppe parole sul beta range, non è una cosa facilmente comprensibile all'inizio. In pratica, con la manetta di potenza si agisce normalmente sul'FCU, dando più carburante si sceglie di dare più potenza ed il regolatore giri agirà di conseguenza per mantenere i giri voluti. Quando la manetta viene arretrata ulteriormente (in altri velivoli c'è una sicurezza da togliere quando si è al suolo, qui invece basta arretrare la manetta verso il minimo della zona volo, solo il reverse ha un detent, una sicurezza da rimuovere una volta a terra tirando su la manetta), si passa in un'altra area del comando della manetta, chiamato appunto beta range, nel quale non si sta comandando più solamente la FCU (il motore è già arrivato al minimo dei giri che per la PT-6A 27 è 52%) ma si sta bypassando il governor dell'elica agendo sul regolatore dello stesso che lo porta verso il "fine pitch", verso un passo neutro o inferiore a quello minimo per produrre trazione. Variando il pitch si va ad agire sul passo dell'elica mentre il generatore di gas (la turbina di alta, l'engine core per intenderci) resta al minimo.

Il beta range ha tre funzioni:

1. a terra, quando il selettore carburante è su Low Idle, ti permette di rullare a velocità minima e controllata;

2. essendo l'elica al limite della trazione, durante le discese ti permette di usare l'elica come freno (ROD superiori a 4000 fpm, io personalmente ho sperimentato anche 8000 fpm) ad un regime non troppo basso (intorno ai 1850 rpm, l'elica non deve sostare tra i 1050 e i 440 giri a causa delle vibrazioni) mantenendo la velocità sotto i 118 kts (in Francia non volevano che superassi certe velocità per non sforzare troppo il sistema riduttore dell'elica);

3. permette di effettuare un approccio durante gli atterraggi molto "steep", permettendo di virare dalla base al finale ancora a 2000 ft. Ad ogni modo la scuola mi ha sempre messo in guarda ad atterrare in beta (in pratica mi dicono di non farlo!), la zone d'ombra causata dall'elica in beta a bassa velocità potrebbe far stallare i piani di coda (anche se in Italia poi non mi è sembrato così unsafe). Ciò che notavo con l'F-GOME era non solo la perdita di portanza, la bassissima manovrabilità dell'elevatore di profondità ed in generale la bassa efficienza dei piani di coda. Sinceramente la cosa mi spaventava un pochino.


Per quanto riguarda la propeller, in realtà è come se avesse solo tre posizioni:

- Feather. L'istruttore francese metteva su Feather in volo quando bisognava simulare le piantate motore;

- 2000 rpm dell'elica (corrispondete al 91% su alcuni strumenti tarati in percentuale).

- 100% (2200 rpm dell'elica). Dalla messa in moto si imposterà sempre i giri massimi dell'elica (anche se sono solo 200 rpm, una volta in Sardegna mi era capitato di decollare non con i giri massimi e la differenza, soprattutto quando hai 10 persone a bordo d'estate, si sente). In genere anche nei trasferimenti a 32-35 psi di torque si tiene il 100% dei giri.



Il PT6 sezionato nelle aule della scuola dell'EPAG

Dopo il motore e gli aspetti generali su struttura e comandi di volo, Cristopher passa subito al topic principale: i trims. Prima di parlare dei trim mi fa un excursus sui vari reports di incidenti famosi sul PC6 relativo ai trim, una premessa per farmi capire quanto siano importanti e perchè siano la cosa più importante dell'addestramento. Il B2H2 monta due manovelle sulla testa del pilota, la più lunga comanda i flap e la più corta il trim di profondità (ci sono due catene che comandano delle viti senza fine, in caso di rottura delle manovelle, con una specie di zip si può aprire lo spazio sopra manovelle ed agire direttamente con le dita per girare la corona che trascina le catene). Il B2H4 ha invece i trim elettrici, anche se i piloti esperti rimpiangono tanto le manovelle del B2H2. Una cosa interessante per la manovella dei flap è che l'F-GOME non ha un normale indicatore dei flap in cabina, ma come tutti i Pilatus un'asta che esce dal bordo di attacco sulla semiala sinistra. Questo significa che si fa riferimento ai giri di manovella (e non bisogna perdere il conto!!), per esempio in decollo 4 "manovellate", in atterraggio 7 o più (anche se il B2H2 con sole due persone a bordo, leggero com'è, non ha bisogno di tante manovellate).



Ad essere sinceri, il discorso delle manovelle é stata una delle cose piú impegantive nei miei primi voli, una volta assorbito il concetto, é tutto automatico, ma all'inizio non si é davvero abituati, soprattutto quando bisogna agire in pochissimo tempo e si rischia di sbagliare verso. La tecnica della scuola francese però mi é stata subito d'aiuto; prima di muovere la manovella lá si fa uscire di 90 gradi e poi si pensa al verso di direzione, se la giri verso di te sai che trimmi a salire. In una situazione come quella dopo il decollo, motore dentro (flusso dell'elica ha un impatto notevole), bassa quota ed una configurazione flap non favorevole... sbagliare il verso di rotazione del trim potrebbe essere fatale (cosa che ti fanno provare nei primi voli). Sebastian, il direttore della scuola, mi diceva una cosa molto importante il primo giorno del corso: "questo aereo é un trattore dal motore grosso, ogni volta che sei in difficoltà, soprattutto con il trim, molla la pressione sui comandi e togli motore e fai l'azione appropriata". Questa frase l'ho capita dopo, durante il training. L'attuatore del trim di profondità é posto praticamente dietro il perno del piano di coda stesso, se noi vogliamo per esempio trimmare a picchiare, l'attuatore agirà verso il basso per alzare la coda, ma se noi usiamo la barra per alzare la coda (cosa istintiva) stiamo contrastando il trim e non riusciamo a trimmare. Motivo per cui bisogna rilasciare la pressione sulla barra e trimmare. Se togliamo motore, togliamo forza aerodinamica sul piano di coda rendendo piú facile l'uso del trim (attuato dalla nostra forza muscolare con la famosa manovella).


Con questo sistema di trim non mi sentivo per niente a mio agio, sembrava di essere tornato alla scuola di volo basico dell'aeroclub. Durante il mio corso sicurezza volo in Inghilterra imparai una frase molto usata in Italia: "Out of your Comfort Zone, but...".
Gli anglosassioni rendono molto bene il concetto. Significa trovarsi in leggera difficoltà, ma include quello stimolo che aiuta e implica il "fare quel passo in più "e mettersi in discussione, prendersi un rischio calcolato e osare per poi riuscire. Ciò può accadere quando iniziamo una nuova attività come nel mio caso volare un nuovo velivolo. Per me fare quel passo è una precondizione per crescere e migliorarsi.


Tornando al mio istruttore Christophe, nelle lunghe giornate in aula didattica non faceva altro che infondere concetti a valanga tra manuali e lavagna, ma dando la giusta priorità in termini di sicurezza. Una delle prime cose che mi fece annotare fu "Be carefully, especially with Fuel and Trim Position...". Eh si, perché quando si fa attività di carico e lancio para c'è stata gente che si è dimenticata di monitorare il carburante, ma soprattutto (al di là se si fa para dropping o ferry flight) sul Pilatus il carburante va sempre controllato manualmente e visivamente con l'asticella nei serbatoi, oltre ai normali controlli di fuel leaks come nel fuel corrector, ecc. Per quanto riguarda il trim invece, abbiamo speso veramente tanto tempo, focalizzando anche alcuni reports di incivoli a riguardo. Controllare il trim al decollo e all' atterraggio è una questione di vitale importanza sul PC6, non a caso esiste un avviso enorme giallo sul cockpit. A tal riguardo ci sono cinque particolari punti da tenere in considerazione:
  1. External Check position Trims
  2. 5 points Pre-Take Off
  3. Visual reminder
  4. Audible warning
  5. Systematic Tail lift TO run


La scuola francese focalizza i controlli essenzialmente in una checklist pre-decollo da imparare a memoria (5 points pre-TO). I "five points before take off" appuntati sul mio cosciale erano i seguenti:
  1. Rudder trim (7° right)
  2. Elevator trim (Green arc, con para dietro "two down or die")
  3. Flap (8 giri = 28°)
  4. Fuel (pompa on, check quantity, ecc.)
  5. Tail wheel (Blocked and rudder free)
I five points sono una delle cose più importanti non solo per l'esame, ma per tutta l'attività in genere con il PC6. A Merville sono stressati in maniera maniacale tanto da farli fare più di una volta. Una cosa che mi ha stupito tanto è che il PC6 non fa T&G, uno dei motivi principali è proprio il trim, questo significa che una volta atterrati, ci fermavamo, rifacevamo i controlli e se c'era abbastanza pista di fronte si ridecollava con la pista rimanente, altrimenti si rullava di nuovo e si rifacevano ancora una volta i 5 points prima di avanzare la manetta. Al massimo si può rischiare un "balked landing", in questo caso bisogna stare attenti quando si dà tutto motore prima di rimettere il trim a zero. Non è una operazione facile, bisogna avanzare la manetta, togliere trim, manetta, togliere trim, ecc... per poi togliere anche i flap
Quando ho volato in Italia, questi controlli potevano diventare anche più di 5, nel caso si vogliono aggiungere dei controlli peculiari alla mix, ma mai meno di questi 5.
L' ultimo controllo che decretava la fine dei controlli 5 points e l'inizio del decollo era:

"Torque Ten, Trims set"


Questa era l' ultimo controllo che non solo controllava per l' ultima volta il trim (essenzialmente quello di profondità) ma mettendo 10 di Torque si faceva anche un check al motore, soprattutto sulla ITT che in quel range (di pochissima spinta ancora) già raggiunge un valore elevato per poi scendere un po' come tutti i motori a turbina libera).Il B2H2, con sole due persone a bordo, a 10 PSI già si muove. Il primo decollo è stata una progressione lentissima di manetta nel tentativo di controllare il più possibile con la pedaliera l'allineamento del muso e dosare la coppia fino al limite dei 42 psi. Una volta che la turbina raggiunge il suo spool up, è stato davvero impressionante sentirne la trazione ed i giri aumentare con vigore. In un istante mi sono ritrovato in aria senza aver nemmeno il tempo di pensare troppo, subito a mantenere assetto e velocità di salita e provare finalmente l' handling di questo bestione.

I miei appunti per il decollo si sono sintetizzati in questi passaggi (i piloti esperti forse già non ci pensano più):

  • prima dell'allineamento: 5 points (per i flap 8 turns, in caso di vento 4 turns)
  • chiamata radio
  • allineamento: 5 points (check tailwheel blocked e rudder free)
  • Piedi alti sui pedali (se dovesse servire freno)
  • Torque Ten, Trim set (temperatura ITT prima sale e poi scende)
  • guardo lontano (per mantenere sto cavolo di muso dritto)
  • torque fino a 42 psi, piede per allineamento, alzo la coda per controllare il trim
  • 56 nodi circa per la rotazione (anche se non avverto una vera e propria rotazione, l'aeroplano tende a staccarsi da solo)
In caso di aborto bisogna ricordarsi 2 passaggi nel proprio briefing pre-decollo:
  • Idle
  • Reverse (si alza la manetta e si porta ulteriormente indietro, torque e ITT aumentano)
Bisogna essere velocissimi ad applicare l'aborto quando ci accorgiamo di un settaggio trim sbagliato o sentiamo il sound alarm (che è collegato alla posizione della manetta). Freni solo se necessario.


Durante i debriefing nella Fritterie fuori l'aeroporto Christophe non faceva altro che parlarmi dell'importanza di mantenere il muso dritto a tutti i costi. Facevamo atterraggi e decolli sia nella pista in erba che in quella in asfalto, in entrambe le direzioni per provare il vento da tutte le direzioni. Il caso peggiore è quando si decolla con il vento da sinistra, in quanto al decollo bisogna dare piede destra come necessario e già si ha full rudder a destra (7°). Una tecnica che cercava di spiegarmi in inglese era quella del "follow the nose" con la pedaliera. Inizialmente era anti istintivo ma, quando il muso dell'aereo va in una direzione (ancora al suolo) e si cerca di contrastare con la pedaliera, possiamo aiutarci con gli alettoni con la barra verso la "direzione del muso". Questo significa che se il muso del velivolo durante la ground roll va a sinistra, io contrasto con il piede destro ma inclinerò gli alettoni a sinistra trovandomi con i comandi incrociati. Questo perché il "work horse" svizzero ha un'ala abbastanza lunga e, senza ritornare sui principi del "counter yaw", l'alettone che si abbassa provoca sicuramente una resistenza maggiore (soprattutto anche in virtù del fatto che l'altro si alza diminuendo l'esposizione frontale) creando un momento opposto. In effetti, anche in atterraggio si applica un principio simile quando si mette l'ala al vento (wing into the wind). Se per esempio il vento viene da sinistra, dovrò dare alettone a sinistra e durante l'atterraggio mi dovrò preoccupare di aver il muso dritto, magari dando piede destro per riallineare il muso che magari nel frattempo avevo messo a sinistra. Una volta a terra dovrò continuare a contrastare il vento, che nel frattempo spingerà la cosa verso destra facendo andare il muso a sinistra. Ancora una volta dovrò dare la barra a sinistra quando nel frattempo sto correggendo la direzione del muso con il piede destro incrociando i comandi. Se dovevo pensare che la barra doveva seguire il muso, uscivo pazzo, ma se copiavo il vento in finale e già mi aspettavo la direzione del vento, ero già pronto a mettere l'ala al vento dopo il touchdown preoccupandomi solo di avere il muso dritto con la pedaliera. Devo ammettere che gli atterraggi sull' asfalto sono stati molto più impegnativi proprio per il fatto che perdonano meno, soprattutto se si arriva con il muso storto (quelle ruotone hanno sofferto molto! ).

Il training è stato un susseguirsi di circuiti in tutte le direzioni, in diversi tipi di pista e con diversi settaggi di flap. E' stato effettuato anche un decollo corto, con più flap e motore ai freni, ma non mi ha entusiasmato. Per quanto riguarda le manovre in generale, virate, stalli, voli lenti, salite, discese, beta, emergenze, piantate simulate, ecc. si andava in un'area di lavoro denominata Whiskey che sta appunto ad Ovest dell'aeroporto, vi è una foresta che fa da riferimento e veniva usata anche per addestrarsi alle discese in beta.
L'esperienza del beta in realtà la si prova già dai primi atterraggi, in quanto l'F-GOME mi dava l'impressione di entrare facilmente in beta ogni volta che si arretrava troppo la manetta, ed in finale, quando volevo far scalare la velocità, dovevo stare molto attento. La sensazione del cambio di rumore dell'elica e dell'effetto discendente dovuto all'abbassamento di portanza non era per niente piacevole, soprattutto in finale. Christophe era sempre molto attento a farmi evitare il beta in atterraggio, ma dopo un paio di finali prendevi subito le misure con la manetta. Anche pilotare con la sinistra una cloche non è per niente istintivo all'inizio. 
Nell'area Whiskey raggiungevamo una quota di sicurezza per poi far entrare il beta, inizialmente non era facile farlo con decisione, anche perché non si è abituati a restare quasi in piedi sulla pedaliera con quella variometriche (a fondo scala...). Ricordo essenzialmente due cose sul beta; la prima è la timidezza iniziale a buttare giù il muso, doveroso altrimenti la velocità scende a tal punto che rischi di stallare (ma allo stesso senza superare l'arco verde altrimenti il regolatore ed il riduttore vanno sottosforzo), la seconda è la mancanza di efficienza della cosa, in quanto l'elica toglie gran parte del flusso (... e questa è stata la cosa che più mi ha colpito).


Il primo atterraggio in assoluto è stato un atto di fede, ho cercato di impostare un assetto positivo con il muso aspettando che le ruotone del trattore toccassero il campo. Lo ricordo come se fosse ieri. La sera prima dell'esame con Sebastian è stato un continuo ripensare di tutti i voli fatti, spesso si sono fatte anche due o tre tacche al giorno, stavamo fino alla sera ad aspettare che il tempo migliorasse (un giorno abbiamo avuto grandine per decollare poi subito dopo). Il venerdì stesso dell'esame il tempo non era per niente favorevole ed abbiamo dovuto monitorare una cellula temporalesca dal mattino presto per poi trovare il tempo migliore. Dopo l'ultimo atterraggio l'esaminatore conclude dicendo "Peppe, congratulations, you are a new Pilatus PC6 pilot..."
Gli atterraggi e i decolli del PC6 sono una continua valutazione di venti e condizioni, cose che poi vengono in automatico con l'esperienza, anche se non bisogna mai abbassare la guardia (link post aatterraggio).

Dalla pagina ufficiale dell'EPAG

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